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Lasciateci Stare, un pensiero sulla caccia di Danilo Liboi

30 giugno 2017News
Il richiamo della coturna, prima appena intuito qualche decina di metri sopra di noi, ora è forte e vicino; ci siamo alzati un po’ di quota (siamo oltre i 2.500 metri), seguendo il cerleccare, strisciando fra i massi morenici e i fazzoletti di erba olina. Ma la coturna ci spiazza: anziché involarsi o allontanarsi di pedina si avvicina, scende rapida verso di noi, con atteggiamento di sfida, continuando a emettere il suo richiamo. In un attimo realizzo e mi paralizzo, sussurrando al mio compagno di avventure di immobilizzarsi all’istante e di stare ben attento a dove appoggerà gli scarponi nella ricerca di una posizione stabile. La coturna continua a chiamare (ormai sarà a tre o quattro metri da noi); dopo pochi secondi alcuni lievi pigolii si levano dai ciuffi di erba olina che abbiamo intorno. L’erba prende vita e un numero imprecisato di pulcini convergono verso la femmina, che continua a sfidare i due “giganti” che si sono trovati, loro malgrado, in mezzo alla sua nidiata. Solo la veloce comprensione della situazione ha permesso di non far danni… Se al nostro posto ci fosse stato il “grillaio” di turno, cosa sarebbe potuto accadere? Lasciateci stare…

La volpe ha un comportamento strano: tiene la coda alta (è un grosso maschio) e continua a marcare il territorio in modo nervoso; è molto vicina, così mi appiattisco a terra consigliando all’amica che è con me di fare altrettanto, sussurrandole: “vedrai, non è solo, ci sarà sicuramente un altro maschio nelle vicinanze”. Rimaniamo fermi alcuni minuti, durante il quale la volpe continua con la sua dimostrazione di dominanza, poi dal vallone spunta una seconda volpe, coda e orecchie basse. Passa parecchio sotto al maschio dominante, che ormai tiene la coda “a bandiera” e non perde un movimento dell’intruso. Splendida scena, che abbiamo avuto modo di gustare appieno perché conosciamo piuttosto bene il comportamento dei selvatici; un seguace della “rossa ex ministra” non avrebbe nemmeno visto la prima volpe, annunciata solo da un lieve fremito delle alte erbe di questo giugno alpino.
Lasciateci stare…

La femmina di capriolo che abbiamo sorpreso, con una Pirsch efettuata ad arte, a una decina di metri, pur avendoci alla fine sentiti non accenna ad andarsene; compie un paio di salti come per fuggire, poi si ferma e torna indietro. Nel binocolo vedo distintamente le mammelle gonfie, con i capezzoli bene in vista; lo specchio anale è macchiato da qualche striatura di sangue. Dico a Federico che è una femmina che ha partorito da poco e che sta cercando di focalizzare su di lei l’attenzione degli intrusi per allontanarli dal punto in cui giacciono i piccoli; lui non ha mai visto un capriolo appena nato ed è un periodo difficile, in cui vorrei che continuasse a credere nella continuità e nella meraviglia che è insita in una nuova vita, oltre che prendere, nostro malgrado, confidenza con la morte. Ci avviciniamo piano al punto dal quale è partita la femmina (di solito non lo faccio mai); Federico cammina con molta attenzione, guardando bene dove appoggia gli scarponi, come gli ho suggerito. È lui il primo a vederli: due caprioletti ancora bagnati, appiattiti a fianco al tronco di un basso ginepro; ci saziamo alcuni minuti di questo spettacolo sempre così incredibilmente bello (la magia della maternità non può non affascinare chiunque possegga un minimo di sensibilità), commuovendoci anche un po’, abbracciati, poi silenziosamente ci allontaniamo, inseguiti dall’abbaio sempre più vicino della femmina, che rivendica le sue meraviglie. Un sedicente “promotore del referendum piemontese” che cosa avrebbe fatto? Avrebbe certo raccolto i piccoli, mosso da pietismo ignorante, decretandone la morte.
Lasciateci stare…

Il maschio di capriolo ci passa di corsa a una decina di metri, tagliando un piccolo prato, con le orecchie ruotate dietro sé: non ci ha visti, né sentiti e prosegue la sua corsa infilandosi nel bosco; fermo con la mano Angelica, sussurrandole di rimanere immobile, perché fra poco, ne sono certo, vedremo il motivo di questa precipitosa fuga. Dopo alcuni secondi, annunciato da un ben distinguibile rumore di zoccoli in corsa, ecco arrivare il maschio territoriale; si ferma a pochi metri da noi, raspando con le zampe anteriori e marcando violentemente con i palchi il fusto di una rosa canina. Spettacolo straordinario, che abbiamo avuto il privilegio di vedere perché non ci siamo mossi, consapevoli di quento stava per accadere. Per qualsiasi fruitore della montagna la lettura della situazione sarebbe probabilmente stata “pensa, ho visto un Bamby che stava scappando, probabilmente da un cacciatore”.
Lasciateci stare…

Lasciateci stare nel nostro piccolo mondo, fatto di cose semplici ma vere, frutto di anni di esperienze, di osservazioni, di studi; lasciateci stare mentre cerchiamo di affinare l’arte di comprendere, di decifrare i codici di accesso a un mondo naturale che calziamo come un guanto, perché ne facciamo parte. Tutti voi, grillai, pescivendoli, nani e giullari di corte, astrofisici e oncologi in pensione, sedicenti appartenenti alle più svariate congreghe “salvatutto”, voi che quando vedete un fenicottero in un chiaro costiero gridate al miracolo, senza capire che per quel chiaro e per tutte le forme di vita che necessitano di acqua dolce (la maggior parte) è l’inizio della fine, voi che avete voluto rendere a tutti i costi visibili gli orsi, obbligando amministrazioni con l’acqua alla gola a farvi dei comodi carnai vicini alle strade e ai centri abitati, condannando così i carnivori a morte certa (nella lotta fra uomo e grandi carnivori sono sempre questi ultimi a perdere), voi che vi riempite la bocca con parole come biodiversità, difendendo il diritto di esistere delle nutrie, degli scoiattoli grigi e dei procioni, voi che quando sentite bramire un cervo in un bosco scappate convinti si tratti del ruggito di un orso… lasciateci stare. Noi cacciatori, grazie anche all’aiuto di una scienza laica e assolutamente asservita a nessuno, siamo in possesso delle chiavi di un mondo che non potrete mai comprendere; abbiamo le idee molto chiare su cosa andrebbe davvero fatto per la conservazione e per il mantenimento e l’ottimizzazione della vera biodiversità e se ci lascerete lavorare in pace, può darsi che potrete ancora vedere e far vedere ai vostri figli qualche “spicchio” di natura vera (sempre riusciate a riconoscerla). Quindi, per favore,
lasciateci stare!

Danilo Liboi
Fonte: BigHunter

 

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